Passato e presente a 43 anni dalla Legge 180
LA RIVOLUZIONE PERMANENTE


Chi l'ha vissuta la chiama “Rivoluzione”. Non riforma o cambiamento ma Rivoluzione. E non allude alla sua formalizzazione in Legge, in quel 13 maggio 1978 ed al numero che la identifica:180.
La Rivoluzione inizia molti anni prima attraverso gli atti inizialmente nascosti ed invisibili di un infermiere ribelle che sottobanco mette le forchette in tavola, passa un paio di occhiali e due riviste ad un paziente, slega una cintura di contenzione. Fa entrare clandestinamente frammenti di umanità in un luogo fatto apposta per tenerla fuori.
Si lavavano le persone con le scope di saggina, al Manicomio. Si legavano donne uomini e bambini ai letti al tramonto, al Manicomio. Non c'erano oggetti, vestiti, specchi, nulla che potesse comunicare: “tu sei tu”, al Manicomio. Per i più il Manicomio era un ergastolo senza colpa. Al Manicomio ci finivi anche e soprattutto perché povero, orfano o deviante secondo il costume dell'epoca.
Queste cose non avvenivano per “malvagità”, erano il risultato di una “innovativa” scienza psichiatrica assolutizzata e privata della componente emotiva e sociale. Il trionfo di una presunta "ragione".
La memoria serve, perché anche se quel manicomio non tornerà, le sue logiche e le sue ragioni sono tutt'altro che cose d'altri tempi.
Fu negli anni del cambiamento, la cui memoria si vorrebbe ridurre al “piombo”, che le ribellioni isolate e individuali si moltiplicarono, contagiarono infermieri, medici e pazienti, poi iniziarono a comunicare con il mondo “fuori”, fino a che Franco Basaglia ed i suoi collaboratori ne fecero una battaglia politica, un'idea di trasformazione del mondo, prima ed oltre il manicomio.
Quella Rivoluzione liberò migliaia di folli e attraverso essi offrì a tutti un modo diverso di pensare.
Furono anni entusiasmanti e difficili, per trovare un appartamento, delle risorse, per evitare che la Rivoluzione restasse di carta. Direttori Sanitari che occupavano stabili abbandonati, operatori che raccattavano dove possibile utensili e mobilio, il confronto quotidiano con le paure e i pregiudizi dei condomini. Una fatica materiale compensata dall'ansia di recupero del tempo e delle occasioni perdute per 20, 30, 40 anni. L'arte, le prime gite, le risate.
E poi... E poi il mondo cambia e la grande avventura si fa “gestione” e la sanità pubblica viene dipinta come un peso insopportabile e messa nelle mani di contabili e manager e le istituzioni preferiscono spendere tre volte tanto, delegando ai privati e i pazienti psichiatrici tornano ad essere ciò che erano, l'anello debole, i più colpiti, gli ultimi, i meno importanti. E poi i reazionari nostalgici dei tempi manicomiali rialzano la testa mentre i progressisti, fra un convegno ed una celebrazione di Basaglia, finanziano piccoli e grandi nuovi manicomi privati e scaricano sulle famiglie il peso insopportabile di cui non vogliono più occuparsi.
Da 25 anni la battaglia per l'uso culturale e sociale dell'Ex Manicomio di Roma, S.Maria della Pietà, è un pezzo resistente di quella storia, di quella Rivoluzione, perché la Legge dice che i beni patrimoniali degli Ex Ospedali Psichiatrici non possono più ospitare strutture psichiatriche (eppure accade) ma devono servire a finanziare la Salute Mentale Pubblica. Non importa la cifra, che pure potrebbe essere significativa, importa l'idea simbolica di un giusto risarcimento, la stessa idea che vuole l'utilità pubblica dei beni confiscati alle Mafie.
Non rispettare quella Legge è una sottrazione di diritti, un'ingiustizia. Moralmente, un furto ai danni dei più deboli.
Un'offesa altrettanto grande è ignorare le migliaia di cittadini che hanno immaginato che l'Ex Manicomio più grande d'Europa, diventasse un'eccellenza totalmente Pubblica di arte, cultura, socialità, turismo, economia sociale e solidale, cioè lo specchio riflesso della sua funzione originaria, portandoci dentro tutto quello che ne era stato tenuto fuori. Questa resta la prospettiva sana di fronte ad un'idea malsana: riempire di servizi sanitari alla rinfusa quel Parco e quegli edifici, solo per mettere una toppa ai bilanci malati di una grande ASL. Sempre più Azienda, sempre meno Sanitaria e Locale.
Mentre si chiudono gli ospedali storici, si tagliano posti letto, si cede sempre più agli interessi privati, al S.Maria della Pietà si vogliono concentrare anziani, disabili, malati terminali, tossicodipendenti ed anche patologie psichiatriche insieme a cose che non c'entrano le une con le altre e che neanche hanno a che fare con quella sanità Pubblica di “prossimità” di cui ci sarebbe tanto bisogno.
Una follia, questa si, che contribuisce a cancellare i segni della storia e della memoria viva, a ridurre all'impotenza la voglia di partecipazione dei cittadini a separare ancora di più le istituzioni dall'interesse pubblico.
Il 15 maggio, nel 43° anniversario dell'approvazione della Legge 180, la Società Civile di Roma sarà in Piazza, al S.Maria della Pietà perché la “Rivoluzione basagliana” non può essere relegata in un museo. Perché le Rivoluzioni o sono permanenti o non sono.


Massimiliano Taggi

 
 
 

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